Cultivar Olive Italiane: Alla Scoperta delle Varietà di Olive Autoctone

Esplora le cultivar di olive italiane: varietà autoctone, caratteristiche e usi. Scopri la ricchezza dell'olivicoltura italiana e i suoi pregiati oli extravergine.

cultivar olive italiane

L’Italia detiene un patrimonio olivicolo di inestimabile valore, potendo vantare oltre 500 varietà di olivo autoctone registrate, un tesoro di biodiversità che non ha eguali nel mondo[1, 5]. Si stima che questo patrimonio rappresenti circa il 40% di tutte le cultivar conosciute a livello globale[1, 6]. Il termine cultivar si riferisce alle diverse varietà botaniche ottenute tramite selezione e miglioramento agronomico.

Un esempio curioso della complessità di questo mondo è la cosiddetta “Oliva di Gaeta”: pur essendo una DOP, questa oliva, nota per il suo sapore particolare, non proviene da Gaeta ma principalmente dal comune di Itri, nel Lazio[7]. Il nome deriva dalla storica tradizione di commercializzare queste olive attraverso il porto di Gaeta[8]. La sua specificità deriva anche dalla pratica di lasciar sovramaturare l’oliva sulla pianta per concentrarne gli aromi[8]. La ricchezza di varietà è il cuore dell’olivicoltura italiana.

Punti chiave

  • L’Italia possiede il maggior numero di cultivar di olivo al mondo, con 538 varietà registrate (circa il 40% del totale mondiale)[1, 9].
  • Tra le cultivar più conosciute e diffuse in Italia vi sono Coratina, Taggiasca, Frantoio, Nocellara Etnea e Tonda Calabrese[1, 10].
  • Le regioni con la maggiore produzione di olive sono Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto[1, 10].
  • La qualità di olive e la scelta della cultivar incidono significativamente (circa 30%) sulla qualità finale dell’olio[1, 10].
  • La storia e la denominazione delle cultivar sono spesso legate a tradizioni e specificità territoriali, come nel caso dell’Oliva di Gaeta[10].

Storia dell’Olivicoltura in Italia: Dalle Origini ai Giorni Nostri

storia dell'olivo

L’olivo, pianta emblematica del paesaggio e della cultura mediterranea, ha in Italia una storia millenaria[2, 11]. Le varietà di olivo attualmente presenti sul territorio nazionale sono in gran parte discendenti da quelle già coltivate in epoca romana[12]. I Romani, infatti, furono abili olivicoltori, selezionando le piante e diffondendo la coltivazione dell’oliva per usi alimentari (sia olio che olive da tavola), per l’illuminazione, la cosmesi e la medicina[12, 13].

Dopo un periodo di declino coincidente con le invasioni barbariche, la produzione di olio d’oliva riprese vigore nel corso del Medioevo e tornò a essere un elemento centrale dell’economia agricola italiana[14].

L’influenza greca e romana sulla diffusione dell’olivo

L’espansione della coltivazione dell’olivo fu notevolmente favorita dalle civiltà greca e romana, che ne diffusero le tecniche e ne valorizzarono i prodotti[15]. A partire dal Settecento, l’olio d’oliva italiano iniziò a conquistare i mercati europei, portando alla necessità di organizzare la produzione (nascita dei primi consorzi) e di classificare gli oli in base alle loro caratteristiche e alla provenienza[16, 17]. L’olivo, con le sue radici ancestrali, ha quindi plasmato non solo il paesaggio ma anche la storia economica e culturale italiana[18].

L’olio d’oliva italiano si è affermato nei secoli come uno dei prodotti agroalimentari più rappresentativi e pregiati del Paese.”[19]

Le Regioni Olivicole Italiane: Un Viaggio tra Sapori e Tradizioni

regioni olivicole italiane

L’Italia olivicola è un mosaico di territori, climi e tradizioni[3, 20]. Con circa un milione di ettari investiti a oliveto e oltre 250 milioni di piante di olivo, il legame tra questa coltura, il paesaggio e le comunità locali è profondo e indissolubile[3, 21, 22].

Ogni regione, e spesso ogni singola area all’interno di essa, presenta cultivar locali uniche, frutto di un adattamento secolare all’ambiente specifico[23]. Questa straordinaria ricchezza di varietà (biodiversità olivicola) è un patrimonio inestimabile[3, 24]. Molte varietà locali sono state preservate grazie alla dedizione di agricoltori che le hanno trasformate in oli extravergine di olio di alta qualità, spesso tutelati da Denominazioni di Origine Protetta (DOP)[25, 26]. Intraprendiamo un viaggio tra le principali regioni, ognuna con le sue cultivar emblematiche.

La Campania e le sue Varietà Autoctone

La Campania vanta una notevole biodiversità, con circa 60 varietà di olive censite e ben cinque oli DOP riconosciuti (Penisola Sorrentina, Colline Salernitane, Valle dell’Ufita, Cilento, Terre Aurunche)[3, 28]. Qui troviamo cultivar come la Ravece e l’Ortolana.

La Sicilia e il suo Vasto Patrimonio Olivicolo

La Sicilia, con i suoi 160.000 ettari di oliveti concentrati prevalentemente nelle province occidentali e centrali, è un’isola dall’immenso patrimonio olivicolo[3, 29, 30]. La Nocellara del Belice, la Tonda Iblea, la Biancolilla, la Cerasuola sono solo alcune delle diverse varietà di olive che caratterizzano la produzione di olio siciliano[30].

La Calabria e i suoi Territori Olivicoli

Con 182.000 ettari di oliveti, la Calabria è una regione a forte vocazione olivicola, specialmente nelle aree di Sibari, Lamezia Terme e Gioia Tauro[31]. Qui si trova il maggior numero di aziende del settore[3, 32]. La Carolea è una delle cultivar più rappresentative.

La Puglia e il Dominio della Coratina

La Puglia è la regione leader in Italia per superficie olivetata (374.250 ettari)[3, 33]. La cultivar regina è la Coratina, che da sola copre circa 90.000 ettari (l’8% della superficie nazionale)[3, 34]. Famosa per la sua elevata resa in olio e per produrre oli intensi e ricchi di polifenoli, la Coratina è affiancata da altre varietà importanti come l’Ogliarola Barese e la Cima di Bitonto[34].

La Basilicata e la sua Produzione di Qualità

Pur con volumi inferiori rispetto ad altre regioni (circa 5.000 tonnellate di olio extravergine di oliva annue), la Basilicata si distingue per la qualità della sua produzione, che rappresenta una quota significativa dell’agricoltura locale[3, 35].

Il Lazio e i suoi Oliveti Biologici

Il Lazio dedica circa 80.000 ettari all’olivicoltura, con una percentuale crescente (8%) coltivata secondo metodi biologici, specialmente nelle province di Viterbo e Rieti (Sabina)[36, 37]. La Caninese è una delle cultivar tipiche.

L’Abruzzo e il Suo Patrimonio di Olivi

L’Abruzzo conta circa 9 milioni di piante di olivo su 46.000 ettari, con la provincia di Chieti come area di maggiore produzione[38, 39]. La Dritta e la Gentile di Chieti sono tra le cultivar più diffuse.

L’Umbria e le sue Cultivar Identitarie

Cuore verde d’Italia, l’Umbria vanta oltre 27.000 ettari di oliveti[40]. Le cultivar predominanti sono il Moraiolo (cultivar Moraiolo), il Leccino e il Frantoio, che danno vita a oli extravergine di oliva di grande pregio[40].

Le Marche e il loro Olio Extravergine di Qualità

Con 7.200 ettari specializzati, le Marche producono circa 45.000 quintali di olio extravergine[41]. Gli oli marchigiani sono spesso caratterizzati da un fruttato medio-leggero, con un buon equilibrio tra dolce, amaro e piccante[41]. L’Ascolana Tenera è una famosa oliva da tavola DOP, ma si coltivano anche cultivar da olio.

Il Molise e le sue Olive Autoctone

Il Molise presenta un’olivicoltura diffusa, con specialità come l’oliva nera di Colletorto e un’importante area produttiva nella piana di Venafro[43]. Anche qui esistono cultivar autoctone da valorizzare.

Ogni varietà di oliva italiana è un tassello di questo immenso mosaico[44]. Le cultivar locali conferiscono agli oli extravergine prodotti in tutte le regioni d’Italia un carattere unico, rendendoli ambasciatori del gusto e della cultura del nostro Paese[44].

Toscana: La Terra del Frantoio e del Leccino

olive toscane

La Toscana è universalmente riconosciuta come una delle regioni d’elezione per la produzione di olio extravergine di oliva di alta qualità[49]. Il paesaggio toscano è indissolubilmente legato all’olivo, con due cultivar toscane che dominano il panorama varietale regionale: il Frantoio e il Leccino, che insieme costituiscono circa l’80% del patrimonio locale[50]. Queste olive sono apprezzate sia per le eccellenti caratteristiche organolettiche dell’olio che se ne ricava, sia per la buona resa in olio, spesso superiore al 20%[51].

Il Cultivar Frantoio: caratteristiche e usi culinari

Il Frantoio è una delle cultivar più emblematiche della Toscana, particolarmente diffusa in Italia centrale e molto apprezzata[52]. L’olio che si ottiene da questa varietà di oliva è noto per il suo profilo fruttato di media intensità, con piacevoli note vegetali (carciofo, erba tagliata) e di mandorla, accompagnate da un buon equilibrio tra amaro e piccante[52, 53]. La resa di olio di questa cultivar è elevata, attestandosi intorno al 23%[54]. L’olio extravergine di oliva Toscano IGP, spesso basato sulla cultivar Frantoio, è estremamente versatile in cucina, ideale per condire una vasta gamma di piatti[55].

La Toscana, tuttavia, non è solo Frantoio e Leccino (olive leccino). Altre cultivar importanti arricchiscono il patrimonio regionale, come il cultivar Moraiolo, il Maurino e il cultivar Pendolino (spesso usato come impollinatore)[56, 57]. Questa varietà di cultivar contribuisce alla complessità e alle sfumature degli oli toscani, che presentano caratteristiche diverse a seconda delle sottozone di produzione (Chianti Classico, Colline Senesi, etc.)[57]. Molte di queste olive coltivate danno vita a oli extravergine DOP e IGP, che ne tutelano qualità e origine[58]. La Toscana si conferma una regione leader, contribuendo per circa il 6% alla produzione nazionale di olio extravergine di oliva[59].

“Il Frantoio è una delle olive toscane più iconiche, coltivata principalmente nelle province di Lucca, Pisa e Pistoia.”[60]

L’olivicoltura toscana è un settore dinamico, con una produzione significativa (180.000 quintali nel 2015)[61]. Tuttavia, gran parte dell’olio extravergine di oliva toscano (circa il 65%) è destinato all’export, conquistando mercati importanti come Stati Uniti, Cina e Giappone[62].

CultivarCaratteristiche dell’OlioResa in Olio Indicativa
FrantoioFruttato medio-intenso, note erbacee/mandorla, eq.23%[63]
LeccinoFruttato delicato/medio, amaro/piccante contenuti> 20%[63]
MoraioloFruttato intenso, amaro/piccante spiccati> 20%[63]

[63]

L’olivicoltura toscana continua a rappresentare un modello di eccellenza, capace di offrire oli extravergine di alta qualità apprezzati in tutto il mondo[64].

Liguria: La Patria della Taggiasca

Olive Taggiasca

Affacciata sul Mar Ligure, questa regione stretta tra monti e mare è la culla di una delle cultivar più celebri e apprezzate d’Italia: la Taggiasca[70]. Originaria della Riviera di Ponente, in particolare della Valle Argentina (zona di Taggia, da cui il nome), questa varietà di oliva è rinomata per la sua duplice attitudine: eccellente sia come oliva da tavola (piccola, saporita, dal nocciolo facilmente staccabile) sia per la produzione di olio extravergine di grande finezza[71].

Taggiasca vs Oliva di Nizza: differenze e similarità

Spesso si crea confusione tra l’oliva Taggiasca e l’Oliva di Nizza (Cailletier), un’altra cultivar diffusa nell’area transfrontaliera italo-francese. Sebbene imparentate, presentano differenze: la Taggiasca è più tipica della fascia costiera ligure, mentre l’Oliva di Nizza si spinge maggiormente nell’entroterra[72, 73].

La cultivar Taggiasca si distingue per l’elevata resa in olio (può raggiungere il 90% del peso dell’oliva lavorata in certi sistemi, ma più realisticamente si attesta su rese medie elevate per un olio di qualità) e per le caratteristiche organolettiche del suo olio extravergine: un fruttato delicato, con eleganti note di mandorla dolce, pinolo e a volte sentori floreali[74]. L’acidità molto bassa (spesso inferiore allo 0,5%) ne conferma l’alta qualità[75].

L’olivicoltura in Liguria ha radici antiche, come documentato fin dal XVI secolo[76]. La coltivazione dell’olivo si è espansa notevolmente nel tempo, modellando il paesaggio terrazzato tipico della regione[76]. Oggi la Taggiasca è un simbolo della gastronomia ligure, utilizzata per produrre non solo olio, ma anche olive in salamoia, paté e altri prodotti[77].

La raccolta delle olive Taggiasche avviene tradizionalmente per bacchiatura o scuotitura dei rami, data la conformazione del terreno spesso impervia[78]. L’efficienza viene migliorata dall’uso di abbacchiatori meccanici[78, 79].

In conclusione, la Taggiasca rappresenta un’eccellenza dell’olivicoltura ligure, una cultivar preziosa che regala un ottimo olio delicato e olive da tavola saporite, arricchendo il panorama gastronomico regionale e nazionale[80, 81].

Puglia: Il Regno della Coratina e dell’Ogliarola

Cultivar pugliesi

La Puglia è la regione leader indiscussa nella produzione di olio extravergine di oliva in Italia, grazie a una tradizione millenaria e a condizioni pedoclimatiche ideali[87]. Tra le innumerevoli varietà di olivo presenti sul suo vasto territorio, alcune cultivar spiccano per diffusione e importanza economica e qualitativa: la Coratina, l’Ogliarola Barese (o Cima di Bitonto) e l’Ogliarola Leccese/Salentina[88]. Queste cultivar definiscono il carattere degli oli pugliesi[89].

La Peranzana: la cultivar dalle mille sfaccettature

Oltre alle cultivar più note, la Puglia custodisce tesori come la Peranzana, una varietà autoctona di grande pregio, coltivata principalmente nell’Alto Tavoliere, in provincia di Foggia[90]. Si distingue per un contenuto in olio medio-basso, ma per un profilo aromatico particolarmente interessante, con note che ricordano la mandorla, il carciofo e talvolta il pomodoro verde[90, 91]. Tratta di una cultivar versatile, apprezzata sia come oliva da olio che come oliva da mensa[91].

Nonostante la resa di olio non elevatissima, i produttori pugliesi valorizzano la Peranzana per le sue qualità, riuscendo a ottenere un olio extravergine elegante ed equilibrato, che ne esalta le note fruttate e delicate[93, 94]. La sua coltivazione avviene spesso con metodi sostenibili.

“La Peranzana è un’oliva unica, con un carattere inconfondibile. Il suo gusto misto di dolcezza e croccantezza la rende perfetta sia per la tavola che per la produzione di un olio extravergine di grande pregio.” – Gianpaolo, produttore oleario pugliese[95]

La Peranzana esemplifica la ricchezza della biodiversità olivicola pugliese[96]. Grazie a varietà come questa, l’olio extravergine di oliva pugliese si afferma per unicità e qualità sui mercati nazionali e internazionali[97, 98]. L’impegno della regione verso la sostenibilità è testimoniato dal fatto che oltre il 15% degli oliveti è condotto con metodo biologico[98, 99]. Con oltre 50 milioni di olivi, la Puglia è il cuore pulsante dell’olivicoltura italiana e della produzione di olio d’oliva, offrendo al mondo oli extravergine di eccellenza[99, 100].

Sicilia: Nocellara del Belice e Tonda Iblea

Nocellara del Belice olive

La Sicilia, isola dalla storia millenaria e dalla natura generosa, vanta una straordinaria biodiversità olivicola. Tra le numerose cultivar autoctone, la Nocellara del Belice e la Tonda Iblea emergono come vere e proprie eccellenze, fondamentali per la qualità dell’olio extravergine di oliva siciliano e parte integrante della tradizione agricola dell’isola[104, 105, 106].

Il fenomeno della Nocellara: da oliva da tavola a olio DOP

La Nocellara del Belice, originaria della Valle del Belice nella Sicilia occidentale, è una cultivar a duplice attitudine, apprezzata sia per il consumo diretto come oliva da tavola (grande, polposa, dal sapore delicato e fruttato) sia per la produzione di olio extravergine[106]. L’oliva Nocellara del Belice ha ottenuto la Denominazione di Origine Protetta (DOP) sia come oliva da mensa (“Nocellara del Belice” DOP) sia per l’olio che se ne ricava (“Valle del Belice” DOP)[107]. Le sue caratteristiche peculiari e l’alta qualità dell’olio prodotto l’hanno resa celebre a livello internazionale[107, 108]. È una delle principali cultivar italiane.

La Tonda Iblea e altre cultivar siciliane

La Tonda Iblea, diffusa prevalentemente negli altopiani iblei (province di Ragusa, Siracusa, Catania), è un’altra cultivar siciliana di grande pregio, principalmente oliva da olio[108]. Produce un olio extravergine molto apprezzato, dal fruttato intenso con note caratteristiche di pomodoro verde, erba e talvolta mandorla o carciofo[109]. Accanto a queste due regine, la Sicilia vanta altre cultivar importanti come la Biancolilla (dal sapore delicato, spesso usata in blend), la Cerasuola (più rustica e saporita) e la Moresca, che contribuiscono alla diversità degli oli siciliani[109].

La Nocellara del Belice e la Tonda Iblea sono esempi luminosi della ricchezza del patrimonio olivo siciliano[110]. Contribuiscono in modo determinante all’eccellenza e alla fama dell’olio extravergine di oliva dell’isola nel mondo[111].

Umbria: Moraiolo e Dolce Agogia

Olive Moraiolo

L’Umbria, cuore verde d’Italia, è una regione dalla forte vocazione olivicola, patria di due cultivar autoctone di grande rilievo: il Moraiolo e la Dolce Agogia[14, 112]. Queste varietà di olive umbre sono alla base della produzione di eccellenti oli extravergine, apprezzati a livello nazionale e internazionale[112].

Il cultivar Moraiolo è una delle cultivar più rappresentative non solo dell’Umbria ma dell’Italia centrale, diffusa anche nelle cultivar toscane[113]. Si distingue per un olio dal fruttato medio-intenso, con un caratteristico equilibrio tra note amare e piccanti, spesso accompagnate da sentori di carciofo e mandorla[114]. È una cultivar rustica, nota anche per la sua buona resistenza al freddo, che le permette di prosperare nelle zone collinari e montane dell’Appennino[115].

Il Moraiolo: la cultivar che sfida il freddo

La Dolce Agogia, invece, è un’altra varietà di oliva autoctona molto apprezzata in Umbria, specialmente nell’area del Lago Trasimeno[14, 116]. Pur essendo più sensibile alla siccità, produce un olio extravergine di eccellente qualità, dal colore verde chiaro con riflessi gialli, caratterizzato da un fruttato medio e delicato, con note vegetali (carciofo) e di mandorla[14, 117]. La raccolta delle olive Dolce Agogia avviene tipicamente a fine novembre[118].

La produzione di ottimo olio extravergine di oliva umbro si concentra tra il Trasimeno e la Valle Umbra, coinvolgendo città come Perugia, Orvieto e Terni[119]. L’Umbria è considerata una delle regioni italiane dove si produce olio di alta qualità grazie a condizioni climatiche e pedologiche favorevoli, con una storia che risale agli Etruschi[14, 120]. La DOP Umbria, con le sue sottozone (Colli Assisi-Spoleto, Colli Martani, Colli Amerini, Colli del Trasimeno, Colli Orvietani), tutela e valorizza le diverse espressioni dell’olio extravergine di oliva regionale, spesso basate sulle cultivar Moraiolo, Leccino e Frantoio[14, 121, 40].

CultivarCaratteristiche dell’OlioRegione Principale
MoraioloFruttato medio-intenso, amaro/piccante equilibratiUmbria, Toscana
Dolce AgogiaFruttato medio, note vegetali e mandorlaUmbria
FrantoioFruttato medio-intenso, note erbacee/mandorlaUmbria, Toscana
CaninoFruttato medio, note di carciofoLazio

[123]

“L’Umbria è una delle regioni d’Italia dove si produce il miglior olio extravergine grazie a condizioni climatiche favorevoli.”[14, 124]

In sintesi, l’Umbria si conferma terra di eccellenza olivicola, dove cultivar autoctone come il Moraiolo e la Dolce Agogia danno vita a oli extravergine di altissima qualità, espressione autentica del territorio[14, 15, 125].

Cultivar Rare e Autoctone: Tesori Nascosti dell’Olivicoltura

Oltre alle cultivar più conosciute e diffuse, l’Italia custodisce un patrimonio inestimabile di varietà di olive meno note, spesso definite rare o autoctone, limitate a specifiche aree geografiche[1, 126, 127]. Questi tesori nascosti rappresentano una componente fondamentale della biodiversità olivicola nazionale e sono oggetto di crescenti sforzi di recupero e valorizzazione[127]. La Ravece, una cultivar campana, ne è un esempio emblematico[1, 128].

La Ravece campana: una varietà in via di riscoperta

La Ravece è una cultivar originaria delle aree interne e montane della Campania, in particolare l’Irpinia[130]. Per lungo tempo trascurata a favore di cultivar più produttive, questa oliva rara sta vivendo una fase di riscoperta grazie all’impegno di produttori locali e istituzioni[1, 131, 132]. La Ravece si distingue per le sue caratteristiche organolettiche uniche: l’olio che se ne ottiene è tipicamente un fruttato intenso, con spiccate note erbacee (pomodoro verde) e un interessante profilo amaro e piccante, con sentori di mandorla e spezie[133]. È inoltre apprezzata per la sua rusticità e capacità di adattamento agli ambienti collinari e montani, una qualità preziosa nell’attuale contesto dei cambiamenti climatici[134, 135].

Il recupero della Ravece si inserisce in un movimento più ampio volto alla tutela della straordinaria ricchezza di varietà olivicola italiana, che mira a preservare le cultivar autoctone (spesso olive locali) a rischio di erosione genetica[1, 136, 137]. Attraverso progetti di ricerca, promozione e creazione di piccole filiere locali, cultivar come la Ravece possono tornare a essere protagoniste, offrendo oli dal carattere unico e contribuendo a diversificare l’offerta olivicola nazionale[16, 138, 139]. Molti oli monovarietali nascono da queste riscoperte.

“La Ravece è una varietà rara e preziosa, un vero e proprio tesoro dell’olivicoltura campana. Il suo recupero e la sua valorizzazione sono fondamentali per preservare la biodiversità del nostro territorio.”[140]

Cultivar (Esempio Raro)Regione di OrigineCaratteristiche dell’Olio (Esempio)
RaveceCampaniaFruttato intenso, erbaceo (pomodoro), amaro/piccante, note mandorla/spezie

[141]

La Ravece e altre cultivar simili dimostrano come la biodiversità dell’olivo in Italia sia un patrimonio da conoscere, tutelare e valorizzare[142]. Questi progetti contribuiscono a preservare l’unicità del paesaggio e della cultura olivicola nazionale[16, 143, 144].

Caratteristiche Organolettiche: Come Riconoscere le Diverse Cultivar

Le caratteristiche organolettiche dell’oliva e, di conseguenza, dell’olio extravergine di oliva che se ne ricava, sono la chiave per distinguere e apprezzare le diverse cultivar italiane[145]. Come già accennato, l’Italia vanta oltre 500 varietà di olivo, tra cui cultivar celebri come Frantoio, Leccino, cultivar Moraiolo, cultivar Pendolino, Coratina e Nocellara del Belice[17, 146].

Ogni varietà, o cultivar, possiede un profilo sensoriale specifico, determinato dal suo patrimonio genetico ma influenzato anche da fattori agronomici (terreno, clima, grado di maturazione dell’oliva alla raccolta) e tecnologici (tecniche di estrazione nel frantoio, conservazione)[17, 147]. L’analisi sensoriale permette di identificare le note distintive di fruttato (verde o maturo), amaro e piccante che caratterizzano ciascuna cultivar[17, 148].

Ad esempio, la Nocellara del Belice, varietà siciliana a duplice attitudine (olio e da mensa), si distingue per i frutti grandi e polposi e per un olio dal fruttato medio con sentori di pomodoro verde e mandorla, e un amaro e piccante equilibrati[17, 149]. La Biancolilla, altra cultivar siciliana, offre invece olive di media grandezza e un olio generalmente più delicato, dolce e fruttato, adatto sia come olio che come oliva da tavola[17, 149]. Alcune cultivar possono quindi avere usi diversi.

CultivarCaratteristiche dell’Olio (Profilo Indicativo)Regione di Origine (Principale)
FrantoioFruttato medio-intenso, amaro/piccante equilibratiToscana
LeccinoFruttato delicato/medio, amaro/piccante contenutiToscana
CoratinaFruttato intenso, amaro/piccante marcatiPuglia
Nocellara del BeliceFruttato medio (pomodoro), amaro/piccante moderatiSicilia
BiancolillaFruttato leggero/medio (mandorla), dolceSicilia

[150]

L’Italia possiede il maggior numero di cultivar di olivo al mondo, e questa biodiversità si traduce in una straordinaria gamma di oli extravergine di oliva, ognuno con una sua personalità[18, 151]. Un olio monovarietale, ottenuto da una singola cultivar, permette di apprezzarne appieno le caratteristiche specifiche, mentre i blend (miscele di oli da diverse cultivar) mirano a ottenere un equilibrio particolare[18, 152]. L’olio d’oliva italiano è un universo di sapori.

“La selezione della cultivar è fondamentale per la qualità dell’olio di oliva, poiché ogni varietà offre caratteristiche compositive, nutrizionali e sensoriali uniche, che contribuiscono alla distintività della cucina regionale.”[153]

Dall’Oliva all’Olio: Processi di Produzione e Influenza della Cultivar

La qualità intrinseca della cultivar impiegata incide per circa il 30% sulle caratteristiche finali dell’olio extravergine[19, 154]. Tuttavia, anche le fasi successive alla raccolta delle olive – ovvero i processi di trasformazione nel frantoio – sono determinanti per ottenere un olio di alta qualità[20, 155]. Le caratteristiche genetiche della varietà di oliva, il grado di maturazione al momento della raccolta, le tecniche di estrazione dell’olio, lo stoccaggio e l’eventuale filtrazione interagiscono nel definire il profilo del prodotto finale[20, 155].

Tecniche di raccolta specifiche per cultivar

Alcune cultivar beneficiano di tecniche di raccolta specifiche per preservarne al meglio le proprietà[19, 156]. Ad esempio, olive delicate o destinate a produrre oli molto fini potrebbero richiedere una raccolta manuale o con agevolatori poco invasivi. La sinergia tra scelta della cultivar, pratiche agronomiche e processi di lavorazione in frantoio è quindi essenziale per la produzione di olio eccellente[20, 157].

Come già detto, in Italia si contano oltre 538 varietà di olivo presenti utilizzate per la produzione di olio (ma alcune cultivar possono essere anche olive da mensa)[158]. Tra le principali cultivar italiane troviamo Leccino, Nocellara del Belice, Taggiasca, Casaliva, Coratina, Pisciottana, cultivar Moraiolo, Frantoio, Itrana, Carolea e Moresca, ognuna con un suo specifico contenuto in olio e profilo organolettico[159].

CultivarRegioni PrincipaliCaratteristiche dell’Olio (Indicative)
LeccinoToscana, UmbriaNote fruttate, leggeri e armonici
Nocellara del BeliceSiciliaSentori erbacei, amaro e piccante
TaggiascaLiguriaDelicato, fruttato, bassa acidità
CoratinaPugliaIntenso, amaro e piccante, ricco di polifenoli

[160]

L’epoca di raccolta delle olive influenza molto il risultato: una raccolta troppo precoce può dare oli con note amare/piccanti eccessive; una raccolta tardiva produce un olio più dolce ma meno stabile e con meno profumi[20, 161]. Anche le tecniche di estrazione (pressione tradizionale vs centrifuga moderna) possono dare un olio diverso[162, 163]. La trasformazione in olio è un’arte.

“La sinergia tra cultivar, pratiche colturali e processi di lavorazione è fondamentale per ottenere oli extravergini di eccellenza.”[164]

Cultivar Italiane nel Mondo: Esportazione e Adattamento

Molte cultivar italiane, grazie alla loro qualità e adattabilità, hanno varcato i confini nazionali, diffondendo la cultura dell’olivo e dell’olio extravergine di oliva italiano nel mondo[21, 165]. Cultivar come Leccino, Frantoio e Coratina sono state piantate con successo in altri paesi mediterranei, ma anche in aree olivicole emergenti come California, Australia, Sud America e Sud Africa, dimostrando una buona capacità di adattamento a climi e terreni diversi[22, 165].

Storicamente, l’olivicoltura italiana si è basata sulla selezione e l’innesto di oleastri (olivi selvatici) con le migliori varietà locali[22, 166]. Prima della specializzazione colturale del secondo dopoguerra, la coltivazione era spesso promiscua, integrata con altre colture[22, 167]. Studi recenti, come quelli condotti su accessioni di olivo sarde trapiantate in Puglia, continuano ad analizzare le caratteristiche morfo-produttive delle diverse cultivar per valutarne l’adattabilità e il potenziale agronomico, anche in vista dell’intensificazione colturale (oliveti ad alta densità)[22, 168, 169, 170, 171, 172, 173].

Oggi, le cultivar italiane rappresentano circa il 40% delle varietà di olivo presenti nell’Unione Europea, con un valore economico significativo[21, 174]. L’olio di oliva extravergine italiano continua a conquistare i mercati globali, portando con sé un patrimonio di storia e sapori[175].

“L’olivicoltura italiana ha una lunga storia di sperimentazione e innovazione, con l’innesto degli oleastri con varietà selezionate per migliorare la produzione di olive.”[22, 176]

Nuove Frontiere dell’Esportazione

Sebbene la produzione italiana di olio d’oliva rappresenti circa il 15% del totale mondiale (dominato dalla Spagna), l’Italia è, insieme alla Spagna, il principale esportatore mondiale, coprendo circa il 20% dell’export globale[21, 177, 178]. Questa capacità di penetrazione sui mercati internazionali è dovuta all’alta reputazione qualitativa dell’olio italiano e all’adattabilità di molte cultivar italiane[179]. La ricerca e l’innovazione vivaistica, con lo sviluppo di tecniche di propagazione avanzate, supportano la diffusione internazionale delle piante di olivo italiane[23, 180, 181]. L’olivicoltura italiana, con le sue cultivar autoctone come protagoniste, continua così la sua espansione globale[182, 183].

Certificazioni DOP e IGP: Tutela e Valorizzazione delle Cultivar

Le certificazioni di Denominazione di Origine Protetta (DOP) e Indicazione Geografica Protetta (IGP) svolgono un ruolo fondamentale nella tutela e nella valorizzazione delle cultivar di oliva italiane e degli oli che ne derivano[184]. Questi marchi europei garantiscono al consumatore l’origine geografica e il rispetto di specifici metodi produttivi, contribuendo a preservare la straordinaria biodiversità dell’olivo nel nostro Paese[185]. L’Italia, come detto, vanta oltre 538 cultivar native registrate, una ricchezza di varietà unica[24, 186].

Il caso dell’Oliva di Gaeta DOP: storia e disciplinare

L’Oliva di Gaeta DOP è un esempio di come queste certificazioni proteggano prodotti legati a specifiche cultivar e territori[187]. Il disciplinare di produzione definisce le varietà ammesse (Itrana), l’area geografica, le tecniche di coltivazione e lavorazione, garantendone le caratteristiche uniche[188].

L’Italia conta circa 50 oli extravergine d’oliva certificati DOP o IGP, gestiti da Consorzi di Tutela che riuniscono migliaia di operatori[25, 189]. Tuttavia, la produzione certificata rappresenta ancora una quota minoritaria (circa 5%) della produzione di olio di oliva nazionale totale[24, 190]. C’è quindi un ampio potenziale di crescita per questi prodotti di eccellenza, che necessitano di essere maggiormente valorizzati e riconosciuti dai consumatori, anche per garantire una giusta remunerazione ai produttori[191, 192, 194]. È necessaria una maggiore consapevolezza del legame tra olio, territorio, storia e cultivar[193]. Solo così si può incrementare il valore dei migliori oli extravergine di oliva italiani certificati[194].

IndicatoreValore (Circa)
Varietà di olive DOP/IGP in ItaliaOltre 500 (censite totali)[25]
Oli extravergine d’oliva DOP/IGP in Italia50[26]
Consorzi di tutela per oli DOP/IGP24[26]
Operatori del settore olivicolo certificato23.500[26]
Incidenza produzione DOP/IGP su totale nazionale5%[25]
Maggiore produttore mondiale di olio d’olivaSpagna (1,078 milioni tonn.)[25]

[195]

“Una vera e propria trasformazione culturale è necessaria per garantire la certezza dell’origine dei prodotti DOP e IGP, evidenziando il legame con il territorio, la storia e l’unicità di ciascuna cultivar.”[196]

Olivicoltura Sostenibile: Preservare la Biodiversità delle Cultivar

Di fronte ai cambiamenti climatici e alle sfide ambientali, la sostenibilità diventa un tema centrale anche per l’olivicoltura italiana, specialmente per la conservazione della sua immensa biodiversità di cultivar autoctone[197, 198]. Sono nati diversi progetti volti al recupero e alla valorizzazione di varietà di olivo antiche o locali a rischio di estinzione[199, 200].

Progetti di recupero di antiche varietà olivicole

Enti di ricerca (come il CREA), associazioni di produttori e singole aziende stanno lavorando per reintrodurre e salvaguardare le cultivar storiche italiane[201, 202]. Queste iniziative sono fondamentali per mantenere viva la diversità genetica dell’olivo nel nostro Paese, che è leader mondiale in questo campo[202, 203].

Il Presidio degli Olivi secolari di Slow Food è un esempio virtuoso: promuove la coltivazione di alberi monumentali, tutelando non solo la biodiversità, ma anche il paesaggio e l’economia agricola di aree spesso marginali[204, 205]. Gli oliveti del Presidio seguono pratiche agronomiche sostenibili per prevenire l’erosione e valorizzare l’olio extravergine di oliva prodotto[206, 207]. L’obiettivo è sensibilizzare i consumatori sull’importanza di scegliere oli sostenibili e di alta qualità, che contribuiscano a proteggere l’ambiente[208, 209]. Il marchio del Presidio sugli oli prodotti ne aumenta la riconoscibilità[210]. Questi progetti evidenziano il legame profondo tra territorio, varietà delle olive e cultura locale[211], promuovendo un modello di olivicoltura sostenibile[212, 213].

Progetto (Esempio)Obiettivo PrincipaleRisultati/Approcci (Esempio)
Progetto Oleario CREAFavorire conoscenza dell’olio extravergine di oliva italiano, valorizzarne le specificità[27]Valorizzare caratteristiche organolettiche, nutrizionali e gustative di ogni varietà[27]
Presidio Olivi Secolari Slow FoodPromuovere coltivazione olivi secolari, tutelare paesaggio ed economia locale[28]Adozione pratiche agronomiche sostenibili, sensibilizzazione consumatori[28]

[214]

Attraverso questi sforzi, l’olivicoltura italiana si impegna a preservare la biodiversità delle sue cultivar e a promuovere un modello produttivo più sostenibile[215, 216, 217].

Il Futuro delle Cultivar Italiane: Ricerca e Innovazione

La tutela e lo sviluppo del vasto patrimonio di cultivar italiane passano necessariamente attraverso la ricerca scientifica e l’innovazione[218]. Centri di ricerca specializzati e aziende vivaistiche lavorano costantemente allo studio e al miglioramento genetico dell’olivo, con l’obiettivo di sviluppare nuove varietà di olivo[219]. Queste nuove cultivar devono rispondere a diverse esigenze: maggiore resistenza alle fitopatologie emergenti (come la Xylella) e ai cambiamenti climatici (siccità, eventi estremi), migliore adattabilità a sistemi di coltivazione moderni (es. alta densità) e mantenimento di elevati standard qualitativi per la produzione di olio[220].

La ricerca genetica (studi sul DNA, fenotipizzazione) è cruciale per selezionare piante con caratteristiche superiori[221, 222].

Nuove cultivar resistenti a cambiamenti climatici e parassiti

Le nuove cultivar ottenute tramite selezione o incrocio rappresentano una risorsa importante per il futuro dell’olivicoltura[30, 223]. Varietà come Lecciana® (incrocio Leccino x Arbosana), Olidia® o Arbequina (di origine spagnola ma diffusa internazionalmente) sono esempi di soluzioni sviluppate per rispondere alle nuove sfide agronomiche e ambientali[29, 224]. Queste innovazioni consentono all’olivicoltura italiana di guardare al futuro con maggiore fiducia, cercando di coniugare la preservazione della biodiversità delle cultivar autoctone con l’adozione di varietà più performanti e resilienti[30, 225].

FAQ – Domande Frequenti

Qual è l’importanza dell’olivo per l’Italia?

L’olivo è una coltura fondamentale per l’Italia, sia dal punto di vista economico e agricolo, sia paesaggistico e culturale[226]. L’Italia è tra i leader mondiali per produzione e consumo di olio d’oliva[227, 228].

Quante cultivar di olive esistono in Italia?

Si contano oltre 500 cultivar di olivo autoctone registrate in Italia, circa il 40% del patrimonio mondiale[229, 230]. Questa enorme varietà di cultivar è unica al mondo[230].

Quali sono le principali regioni olivicole italiane?

Le regioni a maggiore vocazione olivicola includono Puglia, Calabria, Sicilia, Toscana, Lazio, Campania, Umbria e Liguria, ma l’olivo è coltivato in quasi tutte le regioni[231].

Quali sono le cultivar più famose e diffuse in Italia?

Tra le cultivar più diffuse in Italia e conosciute ci sono Frantoio, Leccino, Coratina, Taggiasca, Nocellara del Belice e Moraiolo[233]. Queste sono tra le principali cultivar italiane.

Cosa rende uniche le cultivar italiane?

L’adattamento secolare ai diversi microclimi e terreni italiani ha conferito alle cultivar italiane caratteristiche uniche in termini di rusticità, produttività e profilo organolettico dell’olio[234, 235]. Molte sono tutelate da certificazioni DOP e IGP[235].

Qual è l’importanza delle denominazioni DOP e IGP per le cultivar italiane?

Le denominazioni DOP e IGP sono fondamentali per tutelare e valorizzare le cultivar legate a uno specifico territorio[237]. Garantiscono l’origine e il rispetto di metodi produttivi tradizionali, preservando la biodiversità e la qualità[238].

Quali sono gli sforzi per preservare la biodiversità delle cultivar italiane?

Esistono progetti di recupero e conservazione (es. banche del germoplasma) per varietà a rischio di estinzione[239]. Associazioni come Slow Food promuovono la tutela degli olivi secolari[240]. L’obiettivo è proteggere la ricchezza di varietà dell’olivo italiano[241].

Quali sono le innovazioni per il futuro delle cultivar italiane?

La ricerca si concentra sullo sviluppo di nuove varietà di olivo più resistenti a stress climatici (siccità) e malattie (Xylella) e adatte a sistemi di coltivazione moderni[243, 244]. L’obiettivo è garantire una produzione di olio sostenibile e di qualità nel lungo termine[245].

Link alle fonti

  1. Le cultivar italiane di olive: un mondo che non smette mai di stupire – https://www.brumi.it/en/cultivar-italiane-olive-mondo-smette-mai-stupire/
  2. L’evoluzione globale dell’olivicoltura – https://www.georgofili.it/download/683.pdf
  3. Cultivar e regioni, scoprire i sapori dei territori | Il Grand Food – https://ilgrandfood.it/cultivar-e-regioni-scoprire-i-sapori-dei-territori/
  4. Segreti dell’olio di oliva extravergine: le eccellenze delle regioni italiane – ITOLIO, solo olio italiano – https://itolio.it/segreti-dellolio-di-oliva-extravergine-le-eccellenze-delle-regioni-italiane/
  5. CULTIVAR: VARIETÀ DI OLIVE A CONFRONTO — Patrimonio italiano! – https://tholos-alcantara.com/cultivar-olive-a-confronto/
  6. Resa in olio, ecco le cultivar più produttive. Regione per regione – https://agronotizie.imagelinenetwork.com/agronomia/2021/12/10/resa-in-olio-ecco-le-cultivar-piu-produttive-regione-per-regione/73470
  7. Olio toscano, qualità ed eccellenza extravergine – OlivYou Magazine – https://magazine.olivyou.com/gli-oli-della-toscana/
  8. Oliva taggiasca – https://it.wikipedia.org/wiki/Oliva_taggiasca
  9. Esegesi della Taggiasca: cultivar di olivo, ligure occidentale, da olio e da mensa | LIGURIA FOOD – https://www.liguriafood.it/2018/07/20/esegesi-della-taggiasca-cultivar-olivo-ligure-occidentale-olio-mensa/
  10. L’olio pugliese: un’eccellenza italiana – OlivYou Magazine – https://magazine.olivyou.com/l-olio-pugliese-un-eccellenza-italiana/
  11. L’Olio Pugliese, il pregiato Extra Vergine d’Oliva preferito dagli Italiani – https://www.turismovieste.it/oliopugliese/
  12. Varietà di Olive da Olio italiane: viaggio nelle Cultivar – https://www.sapordolio.com/blog/cultivar-e-varieta-di-olive-da-olio-italiane-n7
  13. Trentacinque cultivar di Olivo in Sicilia. Principali caratteristiche e diffusione – BRUMI – https://www.brumi.it/en/le-cultivar-di-olivo-in-sicilia/
  14. Dolce agogia – OlivYou Magazine – https://magazine.olivyou.com/dolce-agogia/
  15. Tipi Di Olive, le Più Diffuse In Italia – https://contedoro.com/tipi-di-olive-le-piu-diffuse-in-italia/
  16. Gli Artigiani e Piccoli Produttori e Gastronomie locali che collaborano con Foodoteka – http://foodoteka.com/botteghe
  17. Come Riconoscere le Varietà di Olivo | Angimbe Agricola Bioetica – https://olioangimbe.it/blogs/notizie/come-riconoscere-le-varieta-di-olivo
  18. Come riconoscere le varietà di olivo e di cultivar | Fratelli Carli – https://www.oliocarli.it/magazine/segreti-di-qualita/come-riconoscere-le-varieta-di-olivo
  19. Seminario “L’Olio Extravergine di Oliva” Relatore Zangari Dott. Agr. Aldo – https://www.oliosaccomani.it/blog-olio-di-oliva/seminario-lolio-extravergine-di-oliva-relatore-zangari-dott-agr-aldo/
  20. Impaginato Italus Hortus – https://iris.unipa.it/retrieve/279e4c1e-5dfa-4294-a5af-9979f59fc596/10447_58063.pdf
  21. Ismea_Quaderno Tematico 3 – Olio biologico – https://www.sinab.it/sites/default/files/share/SINAB_Quaderno tematico-La Filiera olivicola biologica.pdf
  22. PDF – https://tesi.univpm.it/retrieve/a59b756a-eaed-44d2-8962-c536e1e0f3ff/Tesi Pacilli Costantino Mario.pdf
  23. Produrre olivo per micropropagazione – Olivo e Olio – https://olivoeolio.edagricole.it/ricerca-scientifica/micropropagazione-olivo-in-vitro/
  24. Olio extravergine di oliva DOP e IGP: le tutele per il consumatore – https://www.teatronaturale.it/strettamente-tecnico/l-arca-olearia/42785-olio-extravergine-di-oliva-dop-e-igp-le-tutele-per-il-consumatore.htm
  25. Qualivita: “DOP IGP unico contrasto all’ibericizzazione dell’olivicoltura italiana” :: Fondazione Qualivita – https://www.qualivita.it/news/qualivita-dop-igp-unico-contrasto-allibericizzazione-dellolivicoltura-italiana/
  26. La produzione certificata di olio Dop Igp italiano equivale al 5% del totale nazionale – https://winenews.it/it/la-produzione-certificata-di-olio-dop-igp-italiano-equivale-al-5-del-totale-nazionale_527184/
  27. La cultura dell’olio – https://oleario.crea.gov.it/la-cultura-dellolio/
  28. Il nuovo Presidio degli olivi secolari – https://www.slowfood.it/il-nuovo-presidio-degli-olivi-secolari-difende-qualita-biodiversita-cultura-ambiente/
  29. Olivicoltura superintensiva, come va in Italia? – Olivo e Olio – https://olivoeolio.edagricole.it/oliveto-e-frantoio/olivicoltura-superintensiva-come-va-in-italia/
  30. Un’olivicoltura più imprenditoriale si può fare – https://agronotizie.imagelinenetwork.com/agronomia/2024/06/11/un-olivicoltura-piu-imprenditoriale-si-puo-fare/84058
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